Sì, c’è voluto un po’, ma ora sono tornati! È il primo segno di vita della band alternative country-gothic americana di Denver, Colorado, guidata dall’ex frontman dei 16 Horsepower, David Eugene Edwards, dai tempi dell’acclamato “Star Treament” del 2016. “Silver Sash” è anche il primo album dei Wovenhand scritto interamente in collaborazione con Chuck French, conosciuto anche come il chitarrista dell’aggressiva band emocore Planes Mistaken For Stars. La formazione ha registrato nove nuove canzoni, ma, in linea con il motto ‘le cose buone arrivano a chi sa aspettare’, la produzione ha richiesto più tempo di tutti i precedenti dischi. Solo dopo quattro anni buoni Edwards e i WovenHand sono stati soddisfatti del risultato: e questo rilascio è un lavoro davvero unico, realizzato in casa con molto aiuto dall’elettronica e mixato in piena pandemia, quando tutti erano con le spalle al muro.
C’è un’oscura spinta minacciosa nell’ultimo album dei Wovenhand, forse se Scott Walker avesse intrapreso un (non così ovvio) tipo di hard rock leggermente alternativo? C’è un modo caldo con le parole qui, “Silver Sash” è un po’ più della musica di sottofondo che alla fine sono la maggior parte delle cose, questo è un album ricco, un disco che richiede all’ascoltatore, le parole bramano la tua attenzione così come la musica calda – testi evocativi che dipingono la scena – ‘galoppo attraverso i campi di erba secca su un cavallo nella foresta di corteccia bianca’. Questo è un suono corposo piuttosto che pesante – denso, dettagliato – senti lo spessore di quel sound, ammira il modo in cui hanno tagliato il loro ricco tessuto musicale.
Il lavoro suona alla grande, sembra compiuto, cosa più importante, si presenta diversamente, se bisogna fare paragoni, allora il già citato Scott Walker, un accenno di Nick Cave, un Echo & The Bunnymen molto più denso che pasticcia con il lato più avventuroso di Celtic Frost forse? Assolutamente no, niente di tutto questo, piuttosto la ricchezza di Michael J Sheehy, di Swans, di Gallon Drunk.
David Eugene Edwards ha una voce calda, una voce grossa, le sue parole sono vive di colori scuri, funzionano così bene dentro la composizione, all’interno dell’insieme di questi pezzi.
“Dead Dead Beat” è pesante, così formidabile – quanta profondità qui – scavando un buco nella fossa delle nostre anime – questa è una raccolta di atmosfere minacciose, brani di spessore, un LP vero e proprio, corposo, riccamente dettagliato che rivela segreti ad ogni ascolto.
Tutto su “Silver Sash” si sente grande, ambizioso, un gruppo di musicisti che ha bisogno di mettersi alla prova – questa è un’opera pittorica, spessi strati di colore ad olio piuttosto che la fretta di un pennello carico di acrilico, evocativo, un vero album rock e che ti chiede di essere ascoltato tutto in una volta piuttosto che a pezzi afferrati da qualche piattaforma di streaming o altro – un vero rilascio che ha bisogno di essere tenuto, studiato, ammirato. C’è epicità nella cifra stilistica che prende tanto dal compianto Jeffrey Lee Pierce quanto dal cantilenare visionario dei nativi americani.
Togliersi il cappello ed inchinarsi di fronte a tali artisti!!!
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