VAN MORRISON: “Latest Record Project: Vol. 1” cover albumUna delle accuse spesso rivolte a Van Morrison è quella di pubblicare sempre lo stesso disco da decenni a questa parte. Secondo molti ‘The Irish Cowboy’ possiede un lungo nastro a cui taglia dei pezzi per originare le nuove pubblicazioni. Tutto questo non ha alcun senso in quanto, se ci si soffermasse all’ascolto delle canzoni, non si troverà un brano che sia uguale all’altro, colori e sfumature diverse create da una strumentazione che tiene conto di sax, armoniche, xilofoni, banjo, sei corde elettriche pungenti a cui fanno da contraltare chitarre acustiche morbide ed avvolgenti, il calore dell’Hammond, cori ‘sha-la-la’ e doo-wop, R’n’B, funk di impronta New Orleans, atmosfere jazz notturne e non proseguo altrimenti non finirei più.

Sono 75 le primavere sulle spalle di Van Morrison, ma il ragazzo pare proprio non sentirsele addosso. Dai settant’anni in avanti Van The Man ha pubblicato ben sette album. Van il periodo di chiusura forzata l’ha impegnato nello scrivere nuova musica e nuove canzoni ed ora torna con il suo ultimo progetto musicale, come recita il titolo del disco ”Latest Record Project: Volume 1”. Un progetto che si compone di ventotto brani, come riportato in precedenza, il signor Morrison ha una qual certa facilità nel comporre canzoni, e il lockdown se da una parte gli ha negato la libertà di movimento, dall’altra gli ha regalato parecchio tempo libero per darsi da fare con il suo passatempo preferito.

Il disco è nato dalla frustrazione e dall’isolamento di Morrison a causa della pandemia COVID-19. Il lungo periodo di isolamento forzato / quarantena ha mandato Van in una frenesia compositrice che ha prodotto un tesoro di nuovo materiale che spazia dal classico R & B al country al garage rock e ricco di testi che parlano direttamente di ciò che è nella sua mente in questi giorni. La sua statura di compositore lo eleva tra i più grandi talenti che l’Irlanda del Nord abbia mai prodotto, un cantautore tra i più raffinati e unici.

L’album viene promosso con la sua title track “Latest Record Project”. È una dolce melodia R&B con il minimo accenno di reggae che potrebbe venire solo da un artista come lui, con una storia lunga ed epica. I testi chiedono a qualcuno se hanno ascoltato la sua musica recente, non solo i suoi successi di molto tempo fa. Il cantante articola la tensione tra l’essere meglio conosciuto per quello che ha fatto rispetto a quello che sta facendo ora. Morrison è chiaramente lontanissimo dalla scrittura di canzoni e vuole che le persone ascoltino il suo lavoro contemporaneo, non solo le stesse dieci tracce che le radio rock hanno battuto a morte dagli anni ’70. Un ottimo inizio che ci invoglia a godere di quanto ci aspetterà.

Van stesso suona il piano, la chitarra e il sax, insieme a Richard Dunn all’organo Hammond, Dave Keary alle chitarre e al banjo, Stuart McIlroy al piano, Pete Hurley al basso, Colin Griffin alla batteria e alle percussioni e un trio vocale di Dana Masters, Crawford Bell e Kelly Smiley alleggeriscono il tono con armonie doo-wop di ritorno al passato; con alcuni brani con Jim Mullen alla chitarra, Gavin Scott al basso, Paul Moran all’organo e Mez Clough e Teena Lyle alla voce. Musicalmente, approfondisce le sue influenze musicali e i suoi stili, tornando ai Them, il cui R&B primordiale è incanalato sul twang in stile anni Sessanta di “Stop Bitching”, “Do Something”, con il suo riff di Bo Diddley e lamentele mormorate su come ‘il sistema stia bloccandoti’, rendendo il povero vecchio Van ‘non essenziale, obsoleto’- qualcosa di cui, in questa occasione, può davvero biasimarli. Mentre la maggior parte delle canzoni occupa il vasto spazio tra il jazz e il blues, c’è uno swing country con “A Few Bars Early” e “Western Man” (con il banjo di Dave Keary in primo piano) e “Deadbeat Saturday Night”, una traccia in stile rockabilly che unirà tutti gli appassionati di musica nella sua sintesi della miseria del lockdown: ‘Niente vita, niente concerti, niente scelta, niente voce, non sono dadi’.

La musica è sublime, soprattutto quando torna al blues in “Thank God For The Blues” e “Blue Funk”, quest’ultimo caratterizzato da una fantastica pausa al sax di Van. “Double Bind” è una canzone meravigliosa, con vortici di organo Hammond che trasportano l’ascoltatore a Memphis negli anni Sessanta e un’immagine di Booker T alla tastiera.

Van è un uomo ‘in missione, non c’è distinzione tra la sua vita e la sua arte, celebriamolo come merita immergendoci nell’ascolto di questi brani e, alla fine dopo un paio d’ore, ne usciremo arricchiti e migliori!!!


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