THE GOD IN HACKNEY – ‘The World In Air Quotes’ cover album“The World in Air Quotes” è un capolavoro che cambia genere e fonde stili di alt-pop che incontra l’art-rock influenzato dal jazz che è a sua volta lunatico, straziante e poetico. Sorprendendo continuamente nella propria ampiezza, gamma e concentrazione, il disco è un ascolto essenziale per i fan di Eno, Coil, The Cocteau Twins, The Durutti Column, il jazz ECM degli anni ’80… gli innovativi progenitori di questo disco sono molteplici, ma sembra non essere legato a nessuno di loro.

Il primo album di The God In Hackney, “Cave Moderne”, è stato l’album dell’anno di Andrew Weatherall per NTS Radio.

Il secondo LP dei nostri, “Small Country Eclipse”, è stato il disco del 2020 per il critico Sukhdev Sandhu di The Colloqium for Unpopular Culture: ‘Musica mordente: balbuzie, terrore, umorismo nero. Un lavoro che sembrava veramente indipendente, non legato a nessun genere, fuori passo con tutti i centri e i nodi segnalati’.

The God in Hackney è composto da personale di base: Andy Cooke, Dan Fox, Ashley Marlowe, Nathaniel Mellors. Per “The World in Air Quotes”, il gruppo ha ampliato la propria formazione includendo i polistrumentisti e compositori americani Eve Essex (Eve Essex & The Fabulous Truth, Das Audit, Peter Gordon & Love of Life Orchestra, Peter Zummo, Liturgy) e Kelly Pratt (Father John Misty, David Byrne/St Vincent, Beirut e Lonnie Holley tra molti altri).

Il rilascio si apre con “In the Face of a New Science”, un inno su grande schermo – grandi chitarre, una sezione di fiati, batteria urgente – sul nostro pianeta che cambia, dopodiché la band cambia immediatamente la propria tavolozza verso l’elettronica, il dub-incontra- r’n’b-incontra-l’industrial-goth di “Heaven & Black Water”.

Questo è seguito dallo strano, oceanico “Bardo!”, una fusione di selvaggio, skronking jazz e breakbeat. Da qui in poi la corsa prende svolte selvagge. La raccolta si sposta in una ballata al pianoforte sulla solitudine e l’identità online (“In This Room”); poi lo strano lamento di un quartetto di sassofoni per un pianeta caduto (“Red Star”); un numero industriale comico-occulto sui monarchi morti (“Philip”); un viaggio su strada in cui i petrolieri jazz-funk affrontano il silenzio assordante del cosmo (“Interstate 5”); un ricordo agrodolce di amici persi nella nebbia lisergica dell’Inghilterra degli anni ’90 (“Broken Pets”); indietro nel tempo ai cacciatori di pellicce condannati sui Dakota innevati (“A Frozen Western”). Finisce con gli assurdi giochi dei politici, una composizione direttamente ispirata alla folle retorica degli avvocati di un certo governo statunitense (“Non-Zero Number”).

Si potrebbe dire che il gruppo ha sempre offerto una forma ultra-obliqua e onirica di commento sociale. Il loro debutto nel 2014, “Cave Moderne”, nominato album dell’anno dal defunto, grande Andrew Weatherall, immaginava la società contemporanea se fosse ancora abitata dai Neanderthal. Il suo mordente seguito pop, “Small Country Eclipse”, era un disco sulla mentalità isolana, sul vuoto nazionalismo della Brexit e sulla politica populista. Ora abbiamo “The World in Air Quotes”, la loro opera più dinamica e che sfida il genere fino ad oggi, un lavoro che resiste alla facile categorizzazione, realizzato nello spirito innovativo del post-punk, alla ricerca di un patrimonio sonoro vitale e fresco.

È un album sulla vita, la morte, l’ecologia e la presa sclerotica di una cultura impantanata di citazioni, riferimenti e immaginazione sgonfia; un ambizioso tentativo di rompere i ranghi con formato e stile e costruire nuove forme fantasiose per il presente!!!


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