THE BONGOLIAN: “Harlem Hipshake” cover album“Harlem Hipshake” è il gradito ritorno di Nasser Bouzida, polistrumentista e ‘Big Boss’ frontman del progetto inglese The Bongolian. Questo è il suo sesto album sotto tale moniker e segue l’acclamato “Moog Maximus” ed è uscito 13 novembre su Blow Up Records.

Il lavoro trova The Bongolian profondamente immerso nel suo amore di sempre per la musica della scena Latin Soul newyorkese degli anni sessanta, in particolare per la musica di Ray Barretto, Mongo Santamaria e Joe Bataan. Batterista e percussionista rodato, Nasser ci regala ancora una volta una serie di break fantastici e di groove ipnotici che impreziosiscono questa nuovissima raccolta di brani che ha scritto e prodotto lui stesso.

Mentre Bouzida suona molti degli strumenti dell’album (come è solito fare anche nei precedenti lavori), “Harlem Hipshake” è caratterizzato dalla solida presenza di una sezione di fiati. Tra I musicisti inglesi che lo accompagnano troviamo: Terry Edwards (tromba, trombone, sassofono, sax, flauto), Gareth James Bailey (trombone), Craig Crofton (sax contralto), James Morton (sax contralto), Andrew Ross (sax tenore e baritono) e Ralph Lamb (tromba).

Il disco è diviso in due parti la prima dedicata all’East Side la seconda al West Side. Nella prima composta da canzoni originali potenti e emozionanti, il Latin Soul la fa da padrone sembra di essere catapultati nel ‘El Barrio’ cosi chiamavano la Harlem spagnola i portoricani dove hanno mescolato la loro musica con il R & B, rock e funky per creare un caratteristico suono. È la tipica musica delle feste newyorchesi degli anni sessanta, in cui viene omaggiato, in particolar modo, Tito Puente con “Soul Drums On 110th Street”; anche se ai più la 110th è conosciuta per il Duke Ellington Memorial, la 110a strada est è stata ribattezzata Tito Puente Way.

Nella seconda parte, quella dedicata al West Side, il suono è leggermente più sofisticato, si imparenta con il jazz, ma l’energia esplosiva non manca di certo e il divertimento è assicurato. Qui la sezione ritmica sembra più libera di improvvisare, ora è più marcata l’influenza che lega i fiati alla Dizzy Gillespie e Stan Getz con i suoni delle percussioni latine.

Si tratta di un disco che si gusta dalla prima all’ultima nota, certo è più una riproposizione di un qualcosa che fu piuttosto che una revisione attuale di quelle serate danzanti che rendevano fantastiche le feste nella ‘Big Apple’!!!


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