SUFJAN STEVENS & LOWELL BRAMS- “Aporia”“Aporia” è un disco new age, passione di entrambi i musicisti coinvolti, cioè Sufjan Stevens e il patrigno Lowell Brams, legati da tempo essendo i fondatori dell’etichetta Asthamatic Kitty. Il disco è stato registrato nel corso degli ultimi anni, per la precisione nel tempo libero. Modalità precisata in sede di presentazione dallo stesso Sufjan. L’opera non ha quindi alcuna ambizione di fondo. Nessuna velleità da traino, se non quella di provare a unire l’immaginazione dei due musicisti, sfruttando la passione di entrambi per la new age (!) dei primi anni 80. Certo, le influenze dichiarate sono Boards Of Canada e dintorni, quindi epopea successiva a quella presa in considerazione, addirittura Enya, fino a giungere alla soundtrack di “Blade Runner” di Vangelis, ossia il vero faro di tutta la faccenda assieme alle ipnosi pastorali di Joanna Brouk e della premiata ditta Peter Mergener/Michael Weisser nel capolavoro “Beam-Scape”: progressive eletronic caduta nel cielo teutonico del 1984 e incredibilmente dimenticata.
Si tratta di un disco in cui il nostro non vuole inserire suoni diversi nella propria musica, ma un esercizio di stile per apparire altro da sé. Un totale di ben 21 brani, quasi interamente strumentali, fatta eccezione per “The Runaround”. Stevens ha così detto del nuovo lavoro: «Sapete com’è quando si jamma, il 90% è assolutamente orribile, ma se sei abbastanza fortunato, il 10% restante è magico. Sto semplicemente tirando fuori questi piccoli momenti magici». Eppure credo di poter affermare che non ascolto nulla che mi provochi sensazioni piacevoli, piuttosto torpore e nervosismo. Non è sicuramente dovuto al fatto che sia mal disposto nei confronti della Ambient e della primigenia new age perché non sarebbe la verità.
Qui però avanziamo con estrema fatica tra un mini-trip al synth, un timido riverbero e qualche rumorino da contorno ai soliti sfarfallii in loop anestetico. Che si parli di filosofia greca come in “Agathon”, di paesaggi come in “The Red Desert” o di compositori dimenticati come in “For Raymond Scott”, è chiaro che Stevens e Brams vogliano portarci a sondare delle storie e dei territori isolati. Nell’album prevale una sensazione ambient di non finito, di eterno rimando ad altri concetti.
Tirando le somme, non resta che far finta di niente e attendere l’atteso rientro cantautorale del nostro!!!


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