Registrato tra Seattle – con la leggenda indie della costa occidentale Phil Ek (Shins, Fleet Foxes) – e Nashville con Sean Sullivan (Sturgill Simpson) e mixato da Peter Katis (The National, Interpol) l’album mostra i fratelli Wilson aldilà della cosiddetta galvanica americana-rock.
I Sons Of Bill sono tre fratelli che vengono dalla Virginia, hanno un forte legame con la tradizione, ma la portano avanti a modo loro. Sono una commistione di antico e moderno. I suoni sono attuali, nel senso si avvicinano a quello di formazioni che stanno avendo buoni riscontri negli Stati Uniti quali War On the Drugs, The National, Arcade Fire e i recenti Okkervil River. Le tematiche rimandano, di contro, alle tradizioni locali, alla letteratura del profondo sud a cui i fratelli Wilson sono molto legati.
Anche i nostri hanno cercato di superare la “comfort zone” dei dischi precedenti per approdare in aree più scure rilasciando un disco rock complesso che riesce a essere anche il loro più emotivo.
I ritmi sono ripetitivi, le atmosfere oniriche, anche se a volte qualche scarica di elettricità cerca di ingannarci su quello che è lo stato d’animo generale del lavoro, cioè canzoni che hanno un substrato di introversione costante.
Potrebbe piacere come lasciarvi totalmente indifferenti, ma un attento ascolto lo merita sicuramente.
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