Che sensazioni vi provocano le reunion di gruppi che avete amato in passato? Pensate immediatamente che siano dovute al tentativo di avere un ritorno economico o piuttosto che siano dettate da una ritrovata vena creativa e da una rinnovata capacità di stare bene insieme?
Sono quesiti che mi interessano nulla se il risultato è un disco che mi da stimoli interessanti all’ascolto.
Nel giugno 2018, con il leader Dave Bazan al basso, voce e agli arrangiamenti, Erik Walters alla chitarra e ai cori, e Sean Lane alla batteria, i Pedro the Lion si sono recati presso lo Studio X e la Hall of Justice con il produttore Andy Park per creare “Phoenix”, il primo album in 15 anni. Una delle più celebrate emo-indie band del Northwest, i Pedro The Lion hanno letteralmente trionfato tra i più romantici appassionati di musica underground degli anni zero, con letterali capolavori per Jade Tree.
Questa uscita segna il ritorno di Dave lungo sentieri che portano indietro alle proprie origini, ma che lo fa con un raggiunto livello di maturità.
Di particolare interesse la componente lirica che racconta l’infanzia di Bazan in un ambiente dai forti connotati religiosi che ha segnato indelebilmente la sua vita, anche se ora il nostro si è allontanato dalla religione pur riconoscendo l’importanza delle tradizioni.
Il titolo del disco riporta alla città natia, in Arizona, dove tutto ebbe inizio. Si avvertiva la voglia di suonare con una band, non più da solo. Ascoltate, a tal proposito, “Clean up” in cui è forte il suono indipendente americano di inizio anni ’00, vigoroso e pieno. Viene messo in disparte l’intimismo lo-fi (perlomeno nella parte iniziale) dando risalto a sonorità maggiormente ruvide e taglienti.
Non appena si materializzano “Circle k” e “Piano beach” ecco che ritorniamo sulla via di sonorità più meditate, a volte con forti dosi di sofferenza come in “Tracing the grid” oppure attraverso arpeggi in crescendo (“Quietest friend”).
L’apice creativo è rappresentato da “My Phoenix” che sprigiona potenza attraverso sonorità affilate.
C’è molta energia in questo disco e pure la voglia di non costringersi dietro schemi predefiniti, che porta ad un ritorno inatteso ed estremamente piacevole!!!

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