ORBIT – ‘In-visibility’ cover albumL’ho già scritto qua e là – e non sono certo l’unico – il trio piano/basso/batteria è diventato ormai da tempo particolarmente invasivo nei cassonetti dei negozi di dischi.

Tanto più che buona parte di questa produzione, su entrambe le sponde dell’Atlantico, consiste nel cercare di occupare la nicchia lasciata libera dalla scomparsa del trio EST (in seguito alla morte del suo leader Esbjörn Swensson nel 2008) o nel seguire le orme dei trii di Bill Evans, Keith Jarrett o Brad Mehldau.

Quando un trio che sfugge a tali influenze appare nella jazzosfera mondiale, è una delizia per la critica musicale e – si spera – per il pubblico in generale.

E questo è oggettivamente il caso degli Orbit, un trio equilatero senza leader composto dai francesi Stéphan Oliva (pianoforte) e Sébastien Boisseau (contrabbasso) e dal batterista americano Tom Rainey. Il pianista e il batterista, entrambi sessantenni, hanno al loro attivo diversi progetti in vari formati.

I progetti solisti di Oliva in particolare – e Boisseau, il membro più giovane del trio, è stato un sideman molto ricercato per quasi tre decenni, non solo in Francia ma anche in Europa.

Insieme formano il trio Orbit, che propone qui la propria seconda registrazione.

La prima è uscita nel 2019. Ciò che accomuna queste tre forti personalità è soprattutto l’amore per la melodia che traspare nei temi a tempo lento così come nei pezzi più ritmati e che fa cantare anche i pochi assoli di contrabbasso o batteria. L’altro loro punto in comune è il gusto per il collettivo, che si manifesta in un ascolto reciproco di grande intensità e si traduce in un suono di band perfettamente unico e identificabile. Questo va di pari passo con un approccio eminentemente personale ai propri strumenti da parte di ogni membro del gruppo.

Oliva, Boisseau e Rainey hanno sviluppato negli anni una conformità del tutto singolare ed è la compatibilità di queste identità che li ha portati a creare questo trio e a voler registrare di nuovo dopo diversi anni di complicità (sono nati a maggio 2016 all’ Europa Jazz Festival a Le Mans) e alcuni tour limitati dalle restrizioni dovute al covid.

Anche se il pianista scrive la maggior parte del repertorio, è ovvio che è tutto il gruppo a dar vita a queste composizioni. E “Orbit“, tema poco noto della penna di Bill Evans che dà il nome al terzetto, è un promemoria di ciò che Stéphan deve al musicista americano che ha sempre ammirato senza imitarlo, cosa che lo ha portato all’inizio del secolo a registrare con Paul Motian, il batterista delle storiche sessioni di Evans con il bassista Scott LaFaro.

È dunque con un affascinante gruppo senza modelle che dobbiamo fare i conti con gli Orbit e l’annuncio del loro tour nell’autunno 2023 dovrebbe attirare l’attenzione dei programmatori e provocare un’attesa febbrile da parte dei dilettanti del bellissimo trio!!!


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