NO JOY “Motherhood” cover albumI No Joy sono un band di Montreal, Canada, guidata dalla talentuosa Jasamine White-Gluz, artista rispettata da musicisti di diversi generi e scene, dallo shoegaze, all’elettronica, passando per digressioni post hardcore e metal contemporanee e l’indie rock. “Dude, No Joy is the best band ever. Two hot blonde girls just shredding away. Sooooo amazing” – Brittany Cosentino.

I No Joy sono stati battezzati dal vivo da sua maestà Grant Hart e hanno continuato la loro carriera suonando in compagnia di band di culto e successo come Best Coast, Surfer Blood, Wire, Deafheaven, DIIV, Vivian Girls, Quicksand e Bath e cementato la loro posizione all’interno della scena indie grazie a collaborazioni con musicisti di talento come Peter ‘Sonic Boom’ Kember. “Motherhood” è il quarto album dei canadesi, primo per Joyful Noise dopo tre dischi per Mexican Summer. Jasamine e Laura sono due artiste di indiscusso talento, capaci di infarcire i loro perfetti inni indie rock di riff heavy, arrangiamenti pop, synth industrial e muri di delay di scuola shoegaze. Le avevamo lasciate nel 2018 con il favoloso “NoJoy/Sonic Boom” split Ep composto a quattro mani con l’ex Spacemen 3 Peter Kember ed ora tornano con il primo full length in cinque anni.

I No Joy hanno reincorporato nel loro sound le chitarre showgaze dell’esordio, ma con un attenzione per synth e produzione non distante dal mondo del trip-hop, della trance e del nu-metal. “Motherhood” è il culmine di un percorso personale per la band, dopo anni di tour e collaborazioni con le più disparate realtà, dal post-hardcore dei Quicksand, all’ambient di Baths.

Il primo singolo “Bithmark” è esemplificativo dello stile odierno dei nostri, capace di combinare il dance rock tipicamente anni ’90 dei Repubblica con le dolci sfuriate dei Deftones. Nel brano”Dream Rats” è presente Alissa White-Gluz, sorella di Jasamine e leader della nota death metal band svedese Arch Enemy. Molto buone le melodie di “Nothing Will Hurt” accompagnate da synth piuttosto ‘80s che ci mettono voglia di ballare, mentre “Why Mothers Die”, seppur malinconica, si fa notare per le sue belle armonie. Uno dei migliori brani del disco è senza dubbio “Signal Lights” che si muove tra un dream-pop soft e angelico e influenze psichedeliche, accelerando forse un po’ troppo nel finale; “Primal Curse” poi ci trasporta verso la stratosfera con melodie celestiali disegnate da synth e percussioni.

Gli spunti interessanti non mancano in questo “Motherhood”, ma più di una volta Jasamine si incammina su terreni troppo duri e rumorosi che fanno perdere la magia dei suoi sempre ottimi e gentili vocals: non si capisce la scelta di devastare le sue bellissime sonorità shoegaze, dipinte con scintillanti synth e chitarre, con urla brutali (cortesia della sorella Alyssa). La prova è superata solo grazie al coraggio di tentare qualcosa di nuovo!!!


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