Il tastierista, compositore e produttore Jeff Lorber ricorda di aver visto per la prima volta il chitarrista Mike Stern durante il suo lavoro con Miles Davis nei primi anni Ottanta. «All’epoca con i Jeff Lorber Fusion ci siamo trovati a suonare in diverse occasioni negli stessi festival in cui suonava Miles Davis – ricorda il tastierista – lì ho scoperto Stern e sono un suo fan da allora».
Negli anni successivi le loro strade non si sono più incrociate e ognuno di loro ha sviluppato il proprio mondo musicale: Lorber ha aperto la strada al suono post-fusion del jazz contemporaneo con la sua musica strumentale incentrata sul groove; Stern ha prestato il suo talento a gruppi guidati da Jaco Pastorius, Michael Brecker e Joe Henderson, mentre con la sua band ha pubblicato 18 album a suo nome.
Il produttore e bassista Jimmy Haslip, membro fondatore dei Yellowjackets, ha avuto l’idea di riunire queste due forze musicali. Il risultato del loro incontro è l’album “Eleven” pubblicato dalla Concord Jazz.
Haslip conosceva già bene il modo di suonare di Stern, dopo averlo reclutato per l’album del suo gruppo del 2008, “Lifecycle”. Il bassista aveva anche coltivato una collaborazione di lunga data con Lorber, avendo suonato e coprodotto sei dei precedenti album del tastierista: “Now Is the Time” (2010), “Galaxy” (2011), “Hacienda” (2013), “Step It Up” (2015), “Prototype” (2017) e “Impact” (2018).
Intuendo una compatibilità naturale tra i due, Haslip ha proposto loro la collaborazione. «Ero davvero entusiasta perché sapevo che sarebbe stato qualcosa di diverso e stimolante – racconta il tastierista – inoltre mi piaceva l’idea di allontanarmi da quello che alcuni chiamano “smooth jazz”, un termine che non amo molto. Mike ha un fraseggio vivace, con una grande padronanza del linguaggio jazz, ma allo stesso tempo rock e blues».
Anche Stern ha espresso la sua ammirazione per Jeff: «Jeff ha un gran ritmo e suona magnificamente su piano acustico, Fender Rhodes e organo. E mi sembra che la sua ispirazione venga più dal soul che dal smooth jazz».
Pur differendo molto nei loro approcci alla registrazione in studio, Stern e Lorber hanno trovato un terreno comune su “Eleven”. «Mi piacciono i suoni grezzi di una registrazione dal vivo in studio – spiega il chitarrista – Jeff ha invece un approccio più curato, quasi pop, alla realizzazione di un disco». Dall’incontro dei loro approcci è nato un disco equilibrato e variegato.
Ritmi intricati (impreziositi dal virtuosismo di batteristi del calibro di Gary Novak, Dave Weckl e Vinnie Colaiuta) si alternano a brani ricchi di influenze blues (“Jones Street” e “Slow Change”) o ultra-funky (“Motor City” e “Big Town”) per lasciare poi spazio a momenti più lirici (“Nu Som”) e a tenere ballads (“Tell Me”).
Sicuramente due giganti sui rispettivi strumenti, ma un po’ carenti come musicisti, che cercano sempre la suonata sorprendente per farsi ammirare da un pubblico che ama più lo strumento che la composizione!!!


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