“1” è l’album di debutto di Luke Jenner, frontman dei Rapture. Ad anticiparlo, la ballad piano e voce “You’re Not Alone”. Secondo la press release il disco, fortemente autobiografico, parla sia di traumi infantili (il Nostro è stato vittima di molestie, apprendiamo dalla press release) che di gioie relativamente al nuovo contesto familiare.
«Ho fatto questo disco mettendo assieme famiglia, amici e musica in una cosa sola – scrive Jenner – non l’ho fatto per ferire nessuno o rivolgendomi a qualcuno in particolare. Volevo semplicemente avere una conversazione con coloro che sono disposti ad avere un dialogo con me».
Il debutto del cantante arriva a circa un anno di distanza dalla reunion dei Rapture. La band è attesa quest’estate per una manciata di partecipazioni festivaliere, con date fissate al Mad Cool e al Bilbao BBK Live, e non ha escluso di poter tornare in studio per registrare nuova musica.
È difficile parlare di cose indicibili – violenza, abusi, dipendenze, abbandono; specialmente quando questo tipo di cose interrompono l’innocenza dell’infanzia. Ma uno dei meriti del nuovo progetto solista del frontman della leggendaria post‐punk band newyorkese The Rapture è quello non solo di parlare di queste cose, ma di esporle alla luce del sole, palesarle, così da spingere tutti a prendere coscienza della questione.
In questi momenti di musica pop vuota, lo scopo e il fine di questo progetto – provare ad aiutare le persone – è decisamente rivelatorio. Rivelatorio è la parola chiave che gira attorno a “1”, nel puro senso religioso e spirituale del termine. Vengono in mente “All Things Must Pass” di George Harrison (anche lui investito di appartenenza spirituale), così come Daniel Johnston, che letteralmente sentiva delle voci che ha messo in musica. Anche il progetto di Jenner insiste sulla polivocalità, dalla sua stessa voce che si divide tra il dolore assoluto e la disperazione, alle armonie quasi a spirale, alla comunità di familiari, amici e sostenitori che Jenner campiona e aggiunge al disco come un coro della chiesa.
Questo esordio in solitaria richiama sì le molte influenze acquisite dai Rapture nel corso degli anni, al di là dell’afflato danzereccio che li ha sempre contraddistinti, ma potremmo pensarlo anche come un modo per Jenner di giocare le sue carte con maggiore libertà. Lo stesso primo estratto è un gioco di equilibrismo di tre minuti scarsi sugli accordi di una “Creep” dei Radiohead (pezzo che, guarda caso, riecheggia anche nell’arpeggio di chitarra e negli infelici e sofferenti cori di “Asshole”); così come dopo aver ascoltato la conclusiva “About To Explode” non si può non avere voglia di rimetter su “Heroes” di David Bowie. Anche la cadenza del testo nella strofa è la stessa del mitico brano del Duca Bianco, laddove la storica frase d’apertura «I, I will be king» è stata sbianchettata a favore ora di un «I, I sing this song», ora di un «Time, time is so slow». C’è da dire che questi chiari riferimenti riescono bene al nostro, si può affermare che se li può permettere, perché riesce in ogni caso a confezionare passaggi musicali interessanti e calibrati. Le situazioni in questo album non sono mai come sembrano, i brani partono creando certe soluzioni che poi, durante lo svolgimento, prendono tutte altre direzioni.
Un debutto che non è un semplice diversivo in attesa di riprendere il discorso con il gruppo madre, ma un qualcosa che lo ha impegnato a fondo anche a causa degli argomenti trattati!!!
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