JOHN GRANT: “Boy From Michigan” cover album“Boy from Michigan” è l’album dell’ex Czar, John Grant, uscito il 25 giugno via Bella Union. Il disco è presentato dalla label come un «lavoro che documenta l’America con dettagli microscopici e pittorici. La fragile intensità delle prime esperienze di vita di un uomo di mezza età si trasforma in un’ampia metafora dello stato della nazione». Il cantautore sottopone tutto a un attento esame nel suo lavoro più autobiografico scritto finora («Sto solo raccontando da dove vengo e in cosa sono passato»), e del resto negli ultimi dieci anni si è affermato come uno dei più grandi cronisti musicali del rovescio della medaglia del sogno americano.

Prodotto assieme all’amica di vecchia data Cate Le Bon, l’album massimizza l’impatto emotivo delle melodie, che oscillano tra ambient e progressive. Forse per la presenza della Le Bon il nostro ha deciso di spogliare gli arrangiamenti, il più delle volte ricchi oltre il lecito nei dischi più recenti, e ridurli all’essenziale, in modo che stiano sotto la voce baritonale del nostro (si prenda ad esempio la seducente “The Rusty Bull e le decorazioni vocali che portano alla conclusione del pezzo). Si presenta come l’opera di un cantautore che fa uso dei sintetizzatori quasi fossero chitarre da suonare in modo maldestro, ma che, allo stesso tempo, si dimostra capace di scegliere con acume i momenti emotivi, tralasciando quelli decorativi.

Il nuovo singolo e la title track dell’album sono una passeggiata rilassante e psichedelica nella memoria di Grant, che è cresciuto in Michigan per la prima parte della sua vita. Ha scoperto la progressione di accordi nel ritornello di “Boy from Michigan” sul suo OB6 quando stava lavorando su “Love is Magic”, e mentre sapeva che alla fine sarebbe diventata una canzone, non intuiva cosa farne ancora. A volte si conosce solamente che bisogna prendersi il proprio tempo con certe idee. La traccia è nata da un momento che ha vissuto quando aveva circa 11 anni ed era sul punto per trasferirsi in Colorado dal Michigan; il suo migliore amico lo prese da parte e lo avvertì del ‘mondo là fuori’, quindi la canzone parla del passaggio dall’infanzia all’età adulta, della semplicità e dell’innocenza dell’infanzia e del risveglio spesso rude che si verifica quando si passa all’età adulta. Si tratta anche di romanticizzare il passato, che può essere pericoloso. Non credo che si possa o si debba vivere nel passato, ma se lo ignori, beh, lo sai. Bisogna anche dire che ci sono momenti in cui si rivive davvero il profumo dell’inizio della primavera mentre la neve iniziava a sciogliersi rivelando la terra bagnata sottostante. E il risultato è incredibile.

C’è un’abilità incredibile nell’autore, quella di saper miscelare ricordi e finzione, momenti pubblici e privati che fanno di questo lavoro un dipinto di vita vissuta, dall’educazione religiosa che si scontra con la scoperta della propria sessualità, per approdare alla satira politica profondamente anti-Trump di “The Only Baby”.

Non lasciatevi spaventare dalla durata del programma, non c’è un momento inutile in “Boy from Michigan”. Non lo sono i synth da film dell’orrore che danno inizio alle danze, splendida la ballata per piano e oboe di “The Cruise Room”, divertente il pezzo wave di “Rethorical Figure”, così come non sembra un’eresia la sperimentazione sax-synth di “Your Portfolio”.

Se l’esordio di una decina di anni fa, “Queen of Denmark”, era rivelatore di una disperazione senza soluzione, questa nuova uscita di John ce lo mostra come un camaleonte musicale, lucido, profondo e ambizioso!!!


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