ERIC CHENAUX – ‘Say Laura’  cover albumIl nuovo disco di Eric Chenaux è il suo più immacolato e incontaminato. incarna perfettamente l’interazione contro-intuitiva di strumento e voce che Chenaux ha rivelato e di cui si è divertito nel corso dell’ultimo decennio: la sua giustapposizione delicatamente sconnessa di un canto straordinariamente morbido, seducente e sicuro e una chitarra dispettosa, esausta e completamente destabilizzata non potrebbe provenire da nessun altro musicista. Le cinque ballate erranti e sorprendenti di “Say Laura” portano la scrittura semi-improvvisata, ma acutamente intenzionale, di Eric alla sua articolazione più piena, chiara, calda e fredda, intransigente e generosa, iperspecifica e sciolta, spartana e lussuosa, elementare e ornata.

Potrebbe anche essere un disco jazz – certamente per quanto i suoi album precedentemente acclamati “Slowly Paradise” e “Skullsplitter” calpestano quel territorio adiacente al genere – sebbene contenga anche momenti e melodie che si avvicinano al flirt pop come piace fare al nostro. Ma soprattutto “Say Laura” respira come nessun altro album del musicista canadese. Voce e chitarra sono incise con chiarezza elementare in uno spazio sonoro meravigliosamente aperto e simbiotico. Il suo canto di puro tenore scivola attraverso un etereo frizzante e riverberante mentre la sua chitarra sbanda vertiginosamente, ogni gesto e timbro catturati nei minimi dettagli dall’ingegnere Cyril Harrison.

Chenaux ha anche realizzato il suo disco più minimale, controllato, regolato e ritmico. Citando uno spettro di influenze – Sun Ra, Jeanne Lee, Gang Starr, Charlie Parker, Betty Carter, EPMD e Thelonious Monk – “Say Laura” espande una tecnica a pedale che Eric ha usato in precedenza qua e là, portando le cose a un livello più programmatico: i ritmi composti su una drum machine Boss vengono collegati al segnale della chitarra, per creare impulsi temperati.

Ogni brano segue un percorso simile e ripetuto: si inizia dalla voce e dalla sei corde che dipingono una melodia ed un motivo riconoscibile. Poi un lungo momento strumentale improvvisato che vede lo strumento espandere lo spazio ed il tempo attraverso un cambiamento della struttura e della forma che si manifestano in diversi e vari passaggi, infine ritorno all’aspetto melodico e strutturale iniziale. Per creare lavori interessanti basta poco, intelligenza e buon gusto.

L’apertura “Hello, How? And Hey” stabilisce immediatamente queste caratteristiche sottilmente accresciute di elementalismo, dualismo e struttura, con la voce di Chenaux che traccia splendide melodie svettanti su un singolo accordo battente, occupando tutto lo spazio fino alla chitarra e al Wurlitzer (per gentile concessione dell’unico ospite dell’album, collaboratore di lunga data Ryan Driver) entrano in una cascata di scintillii e wah al segno dei due minuti, lasciando infine la voce alle spalle mentre la seconda metà della traccia lascia il posto a un’improvvisazione confusa di sei corde e tastiera sul battito degli accordi. La chiusura “Hold The Line” segue un motivo simile, la voce che suona più su tropi folk e pop, ma si conclude in tempo per una gloriosa divagazione strumentale di otto minuti. “There They Were” è qualcosa di più vicino al senza precedenti nel libro di canzoni ventennale di Chenaux: cantare e assolo allo stesso tempo, ripete senza fiato un ritornello vocale gioioso dalle sfumature di vita alta senza pause, tagliando contro il suo ritmo languido caratteristico, spingendo il brano per miglia. La title track e singolo principale è il fulcro della missione stilistica, compositiva e spaziale dell’LP: scarsa, ma rigogliosa, controllata ma selvaggia, ogni nota al suo posto e dappertutto.

I dettegli sono sempre stati fondamentali per il nostro e qui raggiungono nuove vette di lucida acutezza. Eric Chenaux continua a migliorare e “Say Laura” lo cattura al meglio!!!


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