Un senso di nuovo inizio, di cambiamento e accettazione, filtra attraverso “Aspirin Sun”, il quarto album di Emma Tricca e il primo per gli amati leader indie Bella Union. L’accettazione implica tuttavia un trauma precedente e il disco possiede più della sua giusta dose di dolore. Il padre di Tricca è morto poco dopo l’uscita del suo lavoro precedente, “St Peter”, e quella perdita è immediatamente messa a fuoco su “Devotion”, il breve, ma intenso, brano di apertura di “Aspirin Sun”. La voce di Emma è chiara, esposta sopra una serie di accordi di pianoforte discendenti, e riusciamo a sentire ogni sfumatura di dolore, rassegnazione e speranza, mentre le tastiere abbandonate vengono lentamente sopraffatte da bagliori luminosi e scintillanti effetti da studio.
Apparentemente, la cantautrice prende spunto dai solisti più interessanti della fine degli anni sessanta e dei primi anni settanta. Joni Mitchell, Leonard Cohen o Sibylle Baier potrebbero essere punti di riferimento, ma anche alcuni dei musicisti più sperimentali dell’epoca: Brigitte Fontaine o Nico, forse. Questo non racconta tutta la storia, però. Una versione decisamente più contemporanea del pop sperimentale filtra attraverso, grazie, in parte, ai collaboratori di lunga data della nostra: Steve Shelley della fama di Sonic Youth suona la batteria mentre il bassista Pete Galub e il chitarrista dei Dream Syndicate, Jason Victor, completano una formazione varia e altamente competente.
Musicalmente, attinge al classicismo italiano con cui è cresciuta insieme all’arioso folk da camera e al pop psichedelico che ha perfezionato. Canzoni come “Christodora House”, assolate, ma tristi, si ergono come reliquie architettoniche sbiancate in un deserto, mentre “Leaves”, che brucia lentamente, si dispiega con uno splendore ‘widescreen’ frastagliato, e King Blixa è una fetta melodica di folk-pop della West Coast, come un Bacharach, o Karen Carpenter che suona con David Crosby.
C’è una qualità cinematografica nella scrittura, e lei riconosce un debito con Fellini e Wenders in “Autumn’s Fiery Tongue”, un’urgente odissea sabbiata attraverso un paesaggio da sogno. “Through The Poet’s Eyes” è una trance pagana stridente e allucinatoria che ricorda i momenti più strani di Buffy Sainte-Marie. Gli undici minuti centrali dell’LP, “Ruben’s House”, si spingono in avanti su un insistente motivo di chitarra circolare prima di diventare più esplorativo ed espansivo, assumendo un luccichio simile ad un miraggio. Si trasforma in una sorta di vago e catartico scoppio neo-krautrock che non dovrebbe sorprendere, dato che Emma ha citato Neu! e Can come influenze.
Forse la cosa più sorprendente è la clonazione del brano “Space And Time”, che inizia come una semplice strimpellata, passa attraverso alcuni cambiamenti armonici strabilianti e chitarre elettriche che sciolgono il cervello e ne esce dall’altra parte come un capolavoro mariachi psych-folk, catturando perfettamente l’atmosfera di nuovi orizzonti e panorami luminosi intravisti attraverso la realtà più oscura del presente.
Potrebbe essere un rilascio che cattura il cambiamento nel suo momento in cui si verifica, ma una cosa non è cambiata: Emma Tricca è ancora una dellei nostre cantautrici più preziose ed interessanti, capace di strani e meravigliosi voli sonori di fantasia e inaspettate svolte liriche. “Aspirin Sun” è anche il suo migliore!!!
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