EMMA JEAN THACKRAY – ‘Yellow’ cover albumIl tentativo di rimanere al di fuori da ogni hype, un profilo basso, questo è l’approccio utilizzato da Emma Jean per proteggersi da ogni intromissione esterna. Purtroppo per lei, il tentativo non è riuscito in quanto troppi sono i suoi talenti da ignorarli tutti: autrice, compositrice e produttrice, cantante e polistrumentista a proprio agio sia tra gli ottoni che con l’elettronica, e finanche dj quando si tratta di fare un allungo all’universo della musica house. Nativa dello Yorkshire, Emma-Jean Thackray se le canta e se le suona da sola, e “Yellow” arriva a coronare una discreta carriera fitta di EP e collaborazioni – non ultima una presenza sull’apprezzata raccolta “Blue Note Re:Imagined” uscita un anno fa.

Una componente cruciale dell’arte di Emma-Jean è la dualità. Ciò comprende i suoi abili paesaggi sonori (una combinazione non convenzionale di ritmi pronti per la pista da ballo e free jazz), testi che si incontrano all’incrocio tra ideologia cosmica e coscienza interiore risvegliata e, soprattutto, come la polistrumentista nata nello Yorkshire, cantante, e la produttrice opera come artista solista a fianco di un ensemble. La convivenza di tali varianti nei confini di un disco di un’ora potrebbe culminare in una visione sconnessa; tuttavia, la leadership di Thackray sottolinea che, con il giusto approccio, è possibile raggiungere l’equilibrio tra ideali contrastanti.

In tal modo, l’importanza della comunità è stata parte integrante della traiettoria musicale della nostra sin da quando ha preso lezioni di cornetta, mentre frequentava la scuola elementare. Da lì, big band e orchestre d’opera hanno gettato le basi per sviluppare un suono distinto. Nonostante abbia sposato il valore della collaborazione, ha anche dimostrato la sua capacità di farcela da sola, come ha fatto registrando il suo disco di debutto del 2018, “Ley Lines”. Per quell’uscita, ha suonato lei stessa ogni strumento. Pochi anni e due EP dopo, la musicista londinese è ancora una volta in compagnia di collaboratori per il suo secondo LP brillantemente vibrante, “Yellow”.

Rilasciato tramite la sua etichetta Movementt (una sottomarca di Warp), il disco, come dichiarato da Thackray, è unificato dall’unione: ‘L’unicità di tutte le cose nell’universo, che mostra amore e gentilezza, connessione umana’. Ad aprire il disco, “Mercury” procede con un assalto di piatti che vengono gradualmente calmati da una roboante melodia del Rhodes, annunciando i momenti più morbidi dei rispettivi repertori di Alice Coltrane e Miles Davis. Nei momenti finali della composizione imponente, emerge la voce di Thackray. L’influenza del suddetto Davis, in particolare, è abbondante in tutto il disco. La presenza celeste del Rhodes, protagonista su “Yellow”, conferisce una raffinatezza tonale alla teatralità di “Green Funk” e alle divagazioni alla Steely Dan intrecciate in “Rahu Ketu”. Mentre la maggior parte degli arrangiamenti è in debito con la sensibilità psichedelica degli anni ’70, l’ascoltatore è giustificato nel considerare l’applicazione di tali motivi da parte di una varietà di artisti contemporanei. Vale a dire, Thundercat e il suo sinonimo di bagliore caotico in “Golden Green”, mentre Kendrick Lamar dell’era “To Pimp a Butterfly” è un ovvio punto di riferimento in “About That”.

Negli ultimi anni, il free jazz ha goduto di una fruttuosa rinascita tra le giovani generazioni di artisti. Ciò che rende degno di nota il contributo di Emma-Jean a questa fiorente new wave è la sua decisione di fondere il jazz e la strumentazione di improvvisazione ispirata al P-funk con un filone di musica dance solitamente riservato ai bar poco illuminati degli hotel boutique. Questa unione si verifica solo una manciata di volte. Limitando questa improbabile tavolozza sonora alle gioiose “Say Something” e “Sun”, Thackray si astiene dall’esaurire questo paesaggio sonoro idiosincratico. Quando appare, i battiti pulsanti contribuiscono ad alcuni dei momenti più viscerali del disco. Nel caso di “Sun”, è impossibile non immaginare un luogo che si fonda in un tutt’uno, creando una forza che rispecchia l’esuberanza delle percussioni contagiose e delle parti corali.

Nonostante l’abbondanza di energia e innovazione che scorre in tutto “Yellow”, può sembrare che le redini siano tenute troppo salde su certi movimenti che trarrebbero beneficio da una maggiore ferocia. Piccoli dettagli che non inficiano la riuscita dell’opera!!!


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