Le storie a lieto fine non accadono solo nei film, chiedete conferma a Doug Seegers. Il buon Doug, oggi sessantasettenne, iniziò a suonare on the road a New York ed Austin, prima di trasferirsi in via definitiva nello stato di New York, dove si sposò ed ebbe due figli. La strada e la vita randagia sono un richiamo troppo forte per Seegers, tanto che dopo anni lo ritroviamo in quel di Nashville, divenuto un senzatetto che si esibisce agli angoli delle vie della capitale del Tennessee. Nel dicembre del 2012 Aaron Espe, cantante e compositore di Nashville carica un video sul proprio account di Youtube, un live di un minuto circa di Doug che canta “Going down to the river”, intitolando il video “Chi è Doug Seegers?”. Le reazioni sono minime. Per la sua notorietà riuscì molto meglio il programma televisivo svedese Jills Veranda, condotto dal musicista country Jill Johnson, che nella puntata dedicata a Nashville durante le esplorazioni e i racconti di una città, lo inquadrarono. Dovete sapere che il nostro si esibisce regolarmente al “Little pantry that could”, un ente di carità che distribuisce pasti ai senzatetto ed organizza serate cantautorali. La struttura è gestita da Stacey Downey, che fornisce pasti a Seegers oltre ad incoraggiarlo nell’attività cantautorale e fornirgli le corde per la sua chitarra. È proprio grazie a Stacey che Jill Johnson assieme al suo cast raggiunge Doug sulla sua panchina preferita in un parco vicino all’ente di carità. L’attrezzatura è pronta mentre Seegers canta la sua “Going down to the river”. Gli svedesi rimangono folgorati a tal punto che gli propongono di registrare assieme, nel vecchio studio di Johnny Cash in città.
Quando l’episodio di Jill Veranda viene trasmesso, il nostro guadagna una popolarità insperata, l’account Facebook viene preso d’assalto dai fan svedesi e la canzone diventa numero uno su ITunes e Spotify in Svezia, rimanendo in vetta per dodici giorni consecutivi. A Seegers viene offerto un contratto di registrazione con la Lionheart Music Group, che conduce, nel maggio 2012, alla pubblicazione del disco “Going down to the river”, con la presenza di artisti noti quali Emmylou Harris, Bud Miller e altri. L’album è prodotto da Will Kimbrough, raggiunge il primo posto nella Sverigetopplistan nella prima settimana, e poi di nuovo in agosto, aggiudicandosi il disco d’oro. Ormai nel paese scandinavo è una star, nel 2014 intraprende una tournee di 70 date interamente sold-out. Ormai è lanciato, nei successivi tre anni da alle stampe altri quattro lavori, di cui tre pubbicati dalla Capitol.
Ora è la volta di “A story i got to tell” prodotto dal talento di Joe Henry in California e che conta della presenza di musicisti di alto livello, basti citare Jackson Browne, Jay Bellrose, Greg Leisz e David Piltch.
Le musiche spaziono dall’honky tonk al country, dal R’n’R all’americana, con la pedal steel che ricama melodie preziose dietro alla voce angelica del nostro, che la stampa si è già premurata di paragonare a quella di Willie Nelson, Jimmie Dale Gilmore, con un pizzico di Hank Williams.
Da notare la presenza di due covers molto interessanti, la prima un brano di Johhny Rivers, “Poor side of town”, ballata che viene resa molto personale grazie alla voce calda del protagonista. La seconda è il brano d’apertura “White line” scritta dal cantautore canadese Willie P. Bennett in cui compare Browne. Il resto sono pezzi autografi.
Splendida “Falling star” ballata che riporta il clima degli anni sessanta, melodia di livello superiore ed un uso degli strumenti calibrato che permettono al suono di librarsi grazie anche ad una sezione fiati. “Give it a way” deve molto alla produzione di quel mago di Joe Henry, che ha costruito un sound perfetto per quella che è la canzone manifesto dell’album nel suo messaggio di redenzione e gratitudine.
Notevole anche il singolo “Demon seed” con il suo andamento spagnoleggiante e gli strumenti che dipingono una melodia senza tempo, a dimostrazione del fatto che Doug è musicista completo, non solo country. Il brano di chiusura, “Life is a mistery”, è una canzone d’amore triste, ma che non chiude alla speranza. La voce di Seegers da un’ulteriore prova della propria versatilità, è il punto di forza dell’opera, in quanto non monocorde, ma in grado di assumere più tonalità.
Che bella storia, quasi un racconto a lieto fine, per una persona a cui è stata concessa una seconda possibilità!!!
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