COURTNEY MARIE ANDREWS- “Old Flowers” cover albumL’amore, una cosa meravigliosa, eppure capace di lasciare un numero ragguardevole di caduti sul campo. È quello che accade in questo nuovo disco di Courtney Marie Andrews, in cui si narra la fine di una lunga relazione, una confessione a cuore aperto senza alcuna vergogna nel riferire tutte le vicissitudini sentimentali che un essere umano può provare alla chiusura di una storia d’amore durata nove anni. Sentimenti come rabbia, dolore, vulnerabilità accettazione della realtà, senso di colpa e passione pura, sono tutti presenti in “Old flowers” sesta uscita discografica della musicista americana.

Sono lontani i tempi in cui insieme alla mamma si dilettava con il karaoke nei bar di provincia, o si cimentava con il punk-rock in una band tutta al femminile, ed era ancora adolescente Courtney quando restò folgorata dall’energia di “Car Wheels On A Gravel Road” di Lucinda Williams.

Appena diciottenne, la ragazza dell’Arizona aveva già inciso tre album, ma è solo con “Honest Life” che l’artista ha trovato il giusto equilibrio espressivo, un album intenso e personale che ha avuto riscontro anche in Europa e le ha offerto la possibilità di misurarsi con un budget più elevato per la realizzazione di “May Your Kindness Remain”. Probabilmente la resa sonora del precedente lavoro non la aveva soddisfatta, per cui, in quest’occasione, ha recuperato in primis il suono più minimale e asciutto degli esordi, ha poi trovato in Andrew Sarlo (già alla corte dei Big Thief) il produttore adatto per questa nuova direzione stilistica, coinvolgendo tra i musicisti l’eclettico polistrumentista Matthew Davidson (Twain) e James Krivchenia (Big Thief), perfetti complici per un album dai toni malinconici e aspri.

Courtney Marie Andrews non ha mai nascosto le sue fonti d’ispirazione, album storici come “Blue” di Joni MItchell e “Tapestry” di Carole King, ma anche la sensualità di Carly Simon e l’attenzione alla radici di Lucinda Williams, punti di riferimento che tornano a essere centrali nella scrittura e negli arrangiamenti di “Old Flowers”. La raccolta è stata registrata presso i ‘Sound Space Studios’ di Los Angeles. La musica è asciutta e scarna, perfetta per accompagnare i tormenti della cantautrice di Phoenix che ci offre ballate lente e malinconiche cantate da una voce cristallina che può ricordare sia Linda Ronstadt che Emmylou Harris. Poi pianoforte, sei corde acustiche, lap steel e una batteria asciutta ed essenziale. Il disco mette in mostra una grande coesione, ma se volete sapere degli apici della raccolta, citerei “Together or alone” meditazione insistita per piano e voce che ci riporta a quel capolavoro che fu “Blue” della Mitchell e “It must be someone else’s fault” un pezzo country-rock mid-tempo che sembra provenire da sessions degli anni settanta registrate al Laurel Canyon.

“Old Flowers” non corteggia l’easy listening e non ha canzoni epiche alle quali aggrapparsi, ma le melodie dispensate dalla cantautrice sono inebrianti, pronte a insidiarsi sottopelle e a conquistare l’anima mettendone a crudo gioie e dolori.

Piacere di aver fatto conoscenza Miss Andrews!!!


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