Ricordo ancora il concerto tenuto sulla Stradivari nel 2010 in navigazione sul Po. Sono trascorsi quasi dieci anni e anche il buon Bob ha toccato il traguardo dei settant’anni, ma non sembra avere alcuna intenzione di smettere né di rallentare la propria attività discografica, forse perché è manager e socio fondatore della Vizztone Records. Non è autore prolifico, si tratta solamente del quinto album nel corso di questa decade. Il nostro fece parte del gruppo di Muddy Waters nei seventies e, nonostante siano passati trent’anni dal suo esordio solista, “This guitar and tonight” è il primo album completamente acustico. Questa raccolta è nata da una serie di considerazioni quali il fatto che Muddy, pur suonando elettrico, preferiva l’acustico e che Amy Brat suggerì che un tale album avrebbe potuto rappresentare una nuova avventura.
Composto da nuove canzoni originali, il disco si avvale della collaborazione – in un brano a testa – del grande armonicista Bob Corritore e del virtuoso chitarrista Jimmy Vivino e conferma Margolin – anche in questa veste inedita – uno dei migliori chitarristi blues contemporanei. Sono rimasto sorpreso dalla voce del chitarrista, forse con l’età ha acquisito una intensità precedentemente sconosciuta e anche la parte strumentale presenta un’efficacia che ha scomodato paragoni con Son House.
L’apertura è affidata alla title track, quella in coppia con Vivino che si cimenta con una sei corde dalla strana accordatura da sembrare quasi un mandolino, song dall’atmosfera che rimanda ai dischi di blues degli anni venti. Usa una energia in basso profilo per mettere in risalto la registrazione che sembra quasi fatta in diretta sul campo. “Blues lover”, scritta con Mark Kazanoff e con Corritore all’armonica, profuma di sensazioni alla Sonny Terry & Brownie McGhee e trasmette un’energia allegra e contagiosa. Momenti di apprensione trasmette “Over time” grazie all’uso della botlleneck, mentre “Dancers boogie” è un pezzo complesso che sembra possedere un tempo ragtime.
Non sembra vero che questo sia il suo primo disco acustico, tale e tanta è la maestria con cui suona. L’approccio minimalista di “I can’t take those blues away” ci ricorda il modo scanzonato ed ironico di David Bromberg. La conclusione è affidata a “Predator” altro talking blues che potrebbe essere un pezzo trascinante in versione elettrica, ma qui è una storia che intreccia le vicende dell’epoca di J.F. Kennedy con quelle di Muddy Waters trattate entrambe con grande rispetto da Bob, quasi con venerazione.
Se avesse fatto un lavoro di blues elettrico avrebbe ricevuto un ritorno sicuramente più alto, ma è ammirevole che abbia voluto omaggiare un’epoca ed il rispetto per il maestro Muddy. Giù il cappello!!!
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