Mi sembra di avere già affermato di non amare nessun tipo di musica metal, qui però ci troviamo di fronte ad un prodotto dalla natura decisamente atipica. Si tratta del disco più atteso dai fan del gruppo tedesco, aspettato la bellezza di oltre vent’anni, considerando che la prima canzone fu scritta nel 1996. Questa uscita ha tolto un grosso peso dalle spalle del gruppo perché, per loro stessa ammissione, credevano che non sarebbero mai riusciti a portarlo a termine. All’inizio l’opera doveva avere forti legami con la mitologia tolkeniana, ma l’uscita della trilogia di Peter Jackson portò l’argomento verso il mainstream. Decisero così di raccontare un mondo diverso anche se, a livello musicale, qualche traccia di Tolkien rimane come ad esempio in “Dark cloud’s rising che, dal punto di vista ispirativo, richiama gli Hobbit.
È un disco di un gruppo metal senza essere metal con la presenza dell’orchestra che porta avanti il discorso con forza dando risalto all’ispirazione dei Blind Guardian. Manca la strumentazione elettrica, ma non sembra pesare nell’economia dell’opera. Non ci si può porre all’ascolto di questo “Legacy Of The Dark Lands” come se si trattasse di un comune disco metal.
Le canzoni scorrono in modo egregio così come non infastidisce il recitato, a volte mi sembra di avvertire la stessa fonte di ispirazione per lavori quali “Nightfall in Middle-earth” e “A night at the opera”. Fondamentale è stato l’incontro con lo scrittore Markus Heitz, che, una volta ascoltato i demos, si è buttato a capofitto nella scrittura di una storia in esclusiva per questo progetto.
Per quanto riguarda la musica, riteniamo superfluo fare un’analisi dei singoli brani, trattandosi in un certo senso di una composizione unica e maestosa, da vivere dall’inizio alla fine, decretando quali siano le fasi più riuscite solo in base ai propri gusti. Vi anticipiamo però che passare dall’atmosfera ancora relativamente calma di “War Feeds War” e “Dark Cloud’s Rising” alle ben più battagliere “Harvester Of Souls”, “This Storm” e “Beyond The Wall” è quanto di più naturale ci si potrebbe aspettare, grazie a una coerenza nell’evoluzione della tracklist studiata nei minimi dettagli.
Ci si può domandare se sia giusto considerare questo lavoro come una raccolta dei Blind Guardian a tutti gli effetti. Considerando che si continua a percepire quell’impeto eroico e battagliero che permea da sempre ogni lavoro ad opera di Hansi Kursch e soci sia da ascrivere al 100% alla band teutonica. Epico, magico, energico e toccante, seppur proposto in una veste totalmente inedita rispetto a quanto i bardi abbiano mai avuto modo di immettere sulle scene, nel corso della loro lunga e scintillante carriera.
Lascio quindi agli ascoltatori giudicare, dopo attento ascolto, in che modo collocare questo sforzo discografico!!!


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