Mamma mia quanto tempo è passato dalla prima volta che mi imbattei nella figura di Ben Watt attraverso il disco “North marine drive” del 1983, son trascorsi quasi quarant’anni. Insieme a Tracey Thorn sviluppano, in piena esplosione New Cool, un progetto musicale ispirato al jazz e al pop brasiliano degli anni ’60 cioe’ la Bossa nova. Il nome del gruppo è Everything but The Girl grazie al quale riescono a tratteggiare nel mainstream degli eighties delle sonorità eteree e raffinate, per poi spostarsi nella decade successiva verso l’elettronica grazie alla quale raggiungono il successo con “Missing” nel 1994, numero uno anche in Italia.
Ora siamo giunti al suo terzo lavoro solista consecutivo all’indomani della fine dell’esperienza con il gruppo. Non ci sono sostanziali cambiamenti stilistici rispetto a “Hendra” e “Fever dream”. Si affida sempre a sonorità che costituiscono una miscellanea di folk, jazz e rock capaci di generare atmosfere che portano alla memoria quella che è la sua fonte di ispirazione primaria, Robert Wyatt. L’impressione è quella di essere immersi in situazioni musicali fuori dal tempo, la scrittura è molto raffinata e gli arrangiamenti spartani per cui si da adito ad una intensità difficile da trovare nei dischi pop dei giorni nostri.
Si fa aiutare da ospiti importanti, nel lavoro precedente erano Marissa Nadler e Hiss Golden Messenger, in “Storm damage” c’è la presenza del grande Alan Sparhawk dei Low.
Se ascoltate con attenzione il brano “Retreat” potreste, come accaduto a me, scorgere tracce di David Sylvian virato al folk, mentre in “Figures in the landscape” sarete immersi nel più tipico classicismo anni ’70.
Sparhawk è presente in “Irene” un brano arioso, mix di folk e white soul per doppia chitarra acustica ed elettrica e tastiera, la cui componente elettronica serve per dare profondità. Ci sono momenti in cui la componente white soul domina la scena come nel pezzo “Sunlight follows the night” il cui stile non è lontano da quello di Father John Misty.
Nonostante quanto detto fino ad ora possa far pensare ad una raccolta di canzoni dalle tonalità discrete e pacificate, è invece l’inquietudine a farla da padrona come si evince da “Summer Ghosts” che ha una struttura ritmica che la avvicina ai Massive Attack di “Protection”. I testi rappresentano una parte importante del lavoro e mostrano tutti una certa agitazione e sofferenza tali che possiamo affermare come Ben sia cantautore sempre più singolare all’interno della corrente pop e bravo a trovare un perfetto equilibrio tra le liriche oscure e i suoni da porgere con delicatezza all’ascoltatore.
Watt è una piccola gemma da preservare per il futuro nonostante non sia un novellino!!!


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