Ogni tanto viene pubblicato un disco che mi riconcilia con il blues, in grado di passare in rassegna tutti i generi della “musica del diavolo”, dal Delta al Piedmont, dal Texas blues al Gospel. Un disco di gran qualità questo “Spectacular class” del giovane Jontavious Willis. Il nostro è un ventitreenne nato in Georgia che si è abbeverato fin da bambino alla fonte del gospel, cantando con il padre nel coro della Chiesa Mount Baptist.
Poi la fulminazione grazie ad un video di “Hoochie Coochie Man” di Muddy Waters che lo ha portato, ancora molto giovane, ad imbracciare una sei corde acustica. Come fingerpicker, flat-picker e slide player. Alla chitarra, armonica, banjo e cigar box.
Si sente che per Willis questa musica è portatrice di un messaggio sia spirituale che culturale, lui è un portavoce che mette in contatto i padri del genere con gli ascoltatori di oggi.
Nel 2015 fu invitato da Taj Mahal a salire sul palco con lui, che poi lo dipinse come il suo “Wonderboy” e una nuova grande voce del ventunesimo secolo nel blues acustico. Ogni generazione o giù di lì un giovane bluesman irrompe sulla scena. Qualcuno che manda una scossa attraverso gli amanti del blues. Qualcuno che ha imparato il mestiere di sicuro, ma che ha anche il blues nel profondo del suo cuore e della sua anima. Ecco che Jontavious potrebbe essere quello!
Questo secondo disco vede Keb’ Mo’ in veste di produttore e Taj Mahal in quella di produttore esecutivo. Non è da tutti avere due siffatti padrini!
Il nostro si presenta quasi sempre all’acustica oppure alla resonator con bottleneck e ci mostra di aver appreso alla grande la lezione dei maestri, a tal punto da poter essere considerato uno dei più dotati nell’ambito del blues classico. Se si ascolta con attenzione “The blues is dead” si resta ammaliati dall’uso della National steel body Guitar con un uso sapiente della tecnica bottleneck a cui fa da contraltare il pianismo sciolto di Phil Madeira per un tuffo rigenerante nel Delta degli anni trenta. Il brano successivo, “Resting on my mind”, è un soul blues in cui l’elettrica, nelle mani di Keb’ Mo’, accompagna la voce espressiva e calda di Willis che si appoggia all’Hammond B3 di Madeira.
È il momento di un country blues con il giovane musicista che si esibisce alla chitarra acustica per un pezzo che sembra un classico, “Take me to the country”. Riesce ad essere convincente anche all’elettrica duettando con Keb’ nel sostenuto boogie di “Low down ways” oppure nel brano “Friend zone blues” in cui è ricco di anima nel tratteggiare una love song.
Non bastasse per la conclusione della raccolta si affida a un paio di brani dall’umore neworlinsiano. La prima, dal titolo “Long winded woman”, arricchita dal trombone e dal clarinetto che si adagiano su un ritmo frenetico dato dal basso di Eric Ramey. La seconda, “The world is in tangle”, è permeata da atmosfere “Vaudeville” in cui si esaltano Madeira al banjo e Mo’ al mandolino sul canto estremamente convincente di Willis.
Non è facile emergere suonando blues come Dio comanda, ma il ragazzo ce la può fare!!!


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