Klaus ci vuole bene. Dopo il minimale box di dieci cd di Contemporary Works Vol. 1 poteva infierire sul nostro estratto conto con un cofanetto tre camere più servizi da trenta cd, ne avrebbe avuto il materiale. Invece ha capito il momento, il passaggio all’Euro e forse anche accogliendo il suggerimento del Ministro delle Finanze ci ha graziato. Questa volta solo cinque. Con Schulze ho, da un punto di vista critico, un atteggiamento di base schizofrenico: mi piace talmente che implicitamente innalzo la sua musica a sistema creativo in sé, in maniera procedurale, a prescindere da come in atto questa creatività e procedura si manifestino al mondo, però al contempo mi trovo a volte a essere sconcertato e irritato da certe scelte stilistiche. Come banale ascoltatore vivo il piacere che provo nell’ usufruire della sua musica contemporaneamente come un’espansione e un limite alle mie capacità di cogliere la bellezza della struttura nell’arte. Vi state già annoiando eh?
Ok, passiamo a una breve descrizione dei contenuti. La line-up che accompagna Schulze nei cinque cd è composta dal vecchio compagno Wolfang Tieopold al cello (Gaudemus igitur!), Thomas Kagermann al flauto, violino e voce, Audrey Motaug alla voce, Tobias Becker all’oboe e corno inglese, tale Mickes alla chitarra e Tom Dams “some groove loops ” (in italiano “cazzeggio”).
Rispetto al precedente Volume 1 il clima generale dell’opera è decisamente più rilassato, più omogeneo, le parti ritmiche sono meno preponderanti però anche la bellezza di alcune parti dei quattro cd di “Ballett” con Tieopold non viene raggiunta, il clima dell’opera è più polarizzato sullo Schulze classico con una forte accentuazione di parti con un certo clima orientaleggiante, specie nell’uso delle voci. Cinque cd con brani lunghissimi (“The theme: rhodes elegy “, sessantacinque minuti. ” They shut him out of paradise “, quarantun minuti) e altri brevissimi di uno o due minuti, in cui Schulze celebra il suo usuale rito pagano ora dialogando con gli altri officianti (particolarmente belle alcune parti con oboe e acustica),ora pennellando solitario grandi affreschi ma anche disegni infantili, ora facendo solo un mero accompagnamento di sottofondo. Tra grandi emozioni e grande noia, tra arte incommensurabile e chill-out da disco-bar alto borghese scorrono sei ore di musica che trovo anche incredibilmente superflua ma della quale non rinuncerei a una singola nota, che trovo anche superficiale ma che alla fine mi scava nel profondo, talmente fredda e patinata che alla fine mi scalda il cuore. Miseria e nobiltà. O forse più semplicemente due chiavi di lettura che si intersecano.
Doktor Kiusi
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