BOB STROGER & THE HEADCUTTERS – ‘That’s My Name’ cover albumIl bassista / cantante / cantautore, il novantaduenne ‘Sir’ Bob Stroger dimostra che non è mai troppo tardi per essere al centro della scena. Trasferitosi dal suo comodo posto sulla linea di fondo, dove è stato un sideman in oltre 30 uscite per la Delmark, “That’s My Name” segna il primo album di Stroger come leader. E non lo fa con la sua solita crew di Chicago, si unisce piuttosto con i brasiliani Headcutters, una delle band blues più famose in Brasile negli ultimi due decenni. Hanno uno stile ‘old school’ che ricalca lo storico sound blues di Chicago degli anni Cinquanta e Sessanta.

Gli Headcutters hanno sede nella località balneare di Itajai, nello stato di Santa Catarina, e hanno sostenuto artisti come Billy Branch, Kim Wilson, Mud Morganfield ed Eddie C Campbell. Modestamente, non si definiscono bluesmen, attribuendo quel territorio ai grandi afroamericani, il cui sound adorano e replicano bene. Il nome rende omaggio ai loro idoli: Muddy Waters, Little Walter e Jimmy Rogers che nei primi anni ’50 erano chiamati The Headhunters.

Naturalmente, Stroger, un prodotto della grande migrazione verso Chicago, ha iniziato a fare tournée con Otis Rush negli anni ’70 e ha continuato a suonare con tanti grandi della ‘Windy City’. L’album è un mix di cinque dei suoi originali e dei classici che ama. Gli Headcutters sono Joe Marhofer (armonica), Ricardo Maca (chitarra), Arthur ‘Catuto’ Garcia (basso) e Leandro ‘Cavera’ Barbeta (batteria). Gli ospiti sono Luciano Leases (piano e B3) e Braion Johnny (sassofoni). Il disco è stato registrato principalmente in Brasile nel 2019 e nel 2020. Come ti aspetteresti da Delmark, è un’uscita blues tradizionale in ogni modo.

Il fraseggio blues ben affinato di Bob è in mostra nelle prime tre tracce, che coverizzano “What Goes On in the Dark” di Jr. Parker, “Just a Bad Boy” di Eddie Taylor e “CC Rider” di Ma Rainey. I musicisti brasiliani forniscono un solido supporto e se uno non fosse a conoscenza della loro provenienza, penserebbe che questo è un crack blues di Chicago che sa come riempire, quando uscire e quando spingere verso il front man.

L’anziano leader, che canta con un’estensione vocale limitata e stanca del mondo, ma con uno stile estremamente convincente, ha i suoi primi due brani originali nella lenta e burbera “I’m a Busy Man” e nel pulsante shuffle “Come On Home”. Brani come “Move to the Outskirts of Town” e “Just a Dream” di Big Bill Broonzy mettono in mostra le doti dell’armonicista Marhofer e del pianista Leases, l’ultimo dei quali guida “Keep Your Hands Off Her” di Jay McShann.

Il nostro guida con il pianoforte / armonica “Something Strange” e lo segue con un’altra grande melodia di Jr. Parker, il blues lento vintage “Stranded in St. Louis”. Segue l’alternanza dei tempi, la vivace “Pretty Girl”, con i momenti migliori del chitarrista Maca e con un gioco di prestigio nel mettere in sequenza la sua “Talk to Me Mama”. Infine, con parole che fanno eco al titolo dell’album “I Am the Blues” del grande Willie Dixon, ecco dirci dalla title track: ‘Puoi chiamarmi Bob Stroger, puoi chiamarmi come preferisci, ma il mio vero nome è blues. Io sono il blues’. Non ci sono argomenti lì.

Ti chiedi perché ci sia voluto così tanto tempo prima che Bob assumesse il ruolo di leader, ma allo stesso tempo, dovremmo essere grati che uno degli originali bluesmen di Chicago sia ancora ‘alive and well’!!!


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